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LA SCOZZESE 219

Fabrizio. Senz’altro, lo so di certo.

Conte. (Oh cieli! che mai vuol dir questo movimento del cuore?)

Fabrizio. Perdonate. Siete voi pure di Scozia?

Conte. No; sono oriundo di Portogallo, ed ho nel Brasile la mia famiglia. (Convien celarmi; i miei timori mi accompagnano da per tutto).

Fabrizio. Questa chiave si trova, o non si trova? (alla scena)

Conte. (Ho sempre in cuore la povera mia figliuola. Or che ha perduta la madre, chi sa a qual partito la può condur la disperazione?)

Fabrizio. Scusate, signore, cercano la chiave; la troveranno.

Conte. Sapete il nome di questa incognita forestiera?

Fabrizio. Sì, signore, ella si chiama Lindana, e la sua cameriera Marianna.

Conte. (Ah! non è dessa. A quale strano pensiere mi trasportava l’amor paterno!)

Fabrizio. E voi, signore, s’è lecito, come vi chiamate?

Conte. Don Pedro della Conchiglia d’Asseiro. (Guai a me, se mi conoscessero pel conte Sterlingh!)

Fabrizio. Signore, mi rincresce di vedervi star qui in disagio; permettetemi che vada io stesso a rintracciar questa chiave. (parte)

SCENA IV.

Il Conte solo.

Conte. Non vorrei frattanto, che alcuno sopraggiungesse. Temo sempre di essere riconosciuto. (siede al tavolino) Quest’albergatore è ben provveduto di fogli pubblici. (osservando le gazzette) Veggiamo se nella data di Londra vi è qualche novità. (legge) Ha preso luogo per la prima volta nel Parlamento il Lord Murrai... Oh cieli! il mio nemico, il mio persecutore, il barbaro sterminatore della mia famiglia. Ah! il destino che non cessa di tormentarmi, mi fa cader sotto gli occhi l’oggetto de’ miei spasimi, de’ miei furori. Perfido! sono in Londra; son prossimo a rin-