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214 | ATTO SECONDO |
tutto quello che di me può sapersi; e il voler accrescere le sventure a una sventurata, è segno d’animo poco umano. Io sono in odio della fortuna; ma quella non mi può togliere la mia costanza: non mi spaventa nessuno, ed abborrisco più della morte l’immagine di una bassezza, di una viltà, e quell’indegno artifizio di cui vi servite per umiliarmi. (parte)
Marianna. Avete sentito? Andate ora, e vantatevi che la conoscete.
Cloche. Vedrà fra poco il buon effetto delle sue impertinenze. (parte)
Marianna. Brava la mia padrona, bravissima! Ora le vo’ più bene che mai. Se stava a me, confesso la mia debolezza, sarei caduta imprudentemente. Ella è assai buona; ma è altrettanto avveduta. Ah per bacco! dicano quel che vogliono: fra le donne vi sono degli spiriti, de’ talenti, che non hanno invidia degli uomini. Se le donne studiassero... Ma a che serve lo studio? La migliore scienza del mondo è l’onestà, la prudenza, e il sapersi reggere nelle disgrazie1, far fronte alla cattiva fortuna, rispettar tutti, e farsi da tutti portar rispetto. (parte)
Fine dell’Atto Secondo,
- ↑ Così l’ed. Zatta. Nell’ed. Pasquali si legge: La migliore scienza del mondo è l’onestà. La prudenza e il sapersi reggere nelle disgrazie ecc.