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LA SCOZZESE 213

Marianna. Ah! per amor del cielo, signore. Aspettate; tornerò ad avvertirla. (Non vorrei che la sua austerità la precipitasse). (entra in camera velocemente)

Cloche. La serva è in timore, è in agitazione. Tanto più mi conferma nel mio supposto.

SCENA XII.

Lindana, Marianna ed il suddetto.

Lindana. Chi è che si vanta saper chi sono? (a monsieur la Cloche)

Cloche. Io, signora.

Lindana. Ebbene, chi credete voi ch’io mi sia?

Cloche. Negherete voi di essere una scozzese?

Marianna. (Eh! l’ha conosciuta sicuramente).

Lindana. Io non nego la verità: sono di Scozia, è vero; sapete altro?

Cloche. E so che siete fanciulla nobile e fuggitiva.

Marianna. (Siamo precipitate). (da sè)

Lindana. Come sapete voi ch’io sia nobile? Come sapete voi ch’io sia fuggitiva?

Cloche. Confidatevi meco, e non dubitate. Se milord Murrai vi ha innamorata in Iscozia; se vi ha sedotta a fuggire dalla casa paterna; se vi trovate in angustie per sua cagione, fidatevi di me, e non temete. Posso io liberarvi da quel pericolo che vi sovrasta.

Marianna. (Respiro. È uno stolido: non sa niente).

Lindana. Signore, io credo di conoscere voi più di quello che voi conosciate me. La vostra supposizione, riguardo a me, è lontanissima dalla verità; ed io son certa non ingannarmi, supponendovi un bello spirito, un macchinatore. Voi veniste con artifizio a parlarmi, non so se mosso da un’indiscreta curiosità, o da qualche motivo ancora meno lodevole: qualunque siate, vergognatevi di un così basso procedere con una donna che, sconosciuta ancora, merita qualche stima, e che svelandosi vi farebbe forse arrossire. Voi sapete ch’io sono afflitta: ecco