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212 | ATTO SECONDO |
e mi confida le sue contingenze, mi dà ancor l’animo di sottrarla da ogni pericolo, e deludere le speranze della sua nemica. (picchia forte alla camera)
SCENA XI.
Marianna ed il suddetto.
Marianna. Chi picchia in sì fatto modo? (uscendo dalla carriera)
Cloche. Un galantuomo che brama di riverire la padrona vostra.
Marianna. Scusate, signore, è occupata.
Cloche. Non è vero. Io so che ora non vi è nessuno.
Marianna. Non è occupata con altri; ma è occupata da se medesima.
Cloche. È necessario ch’io le favelli.
Marianna. Non credo che vi abbia da essere questa necessità.
Cloche. La vostra padrona è in pericolo; e da me può dipendere la sua salute.
Marianna. (Oh cieli! qualche nuova disgrazia).
Cloche. Avvisatela; e se non vuole ch’io entri, mi contenterò di favellarle qui in sala.
Marianna. Dal canto mio non mancherò di servirvi. (Mi batte il cuore. Ho sempre timore che sia scoperta). (entra)
Cloche. Farò io vedere a Fabrizio, come si fa a prendersi una soddisfazione. Le parlerò a suo dispetto; e mi dà l’animo di farla uscire da questo albergo.
Marianna. Signore, vi chiede scusa se qua non viene, e vi supplica di dire a me quello che avreste da dire a lei.
Cloche. Che modo è questo di trattare con un mio pari? Se mi disgusterà, sarà peggio per lei. Ditele che la conosco; che so chi è; e tanto basta.
Marianna. La conoscete? (con ammirazione)
Cloche. La conosco. Io ho delle corrispondenze per tutto; e posso fare la sua rovina.