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LA SCOZZESE 193


Marianna. Oh cieli! la padrona mi chiama.

Milord. Non mi lasciate in quest’orribile dubbietà.

Marianna. Vengo, vengo, (verso la porta) Lindana è un nome supposto. Ella è figlia dello sventurato Sterlingh...

Milord. Come.

Marianna. Sì. del Conte Sterlingh... Vengo, vengo... compatitemi. Vi raccomando la segretezza. (parte)

SCENA IV.

Milord solo.

Ahimè! qual fulmine mi ha colpito? Ora comprendo il turbamento cagionato nel di lei animo dal mio nome. Nome per lei fatale, degno dell’odio suo, degno del suo abborrimento. Ma io non sono il reo delle sue sventure. Fu il padre mio l’inimico della sua casa; fu egli persecutor della sua famiglia. Mio padre è morto... Ma oimè! una figlia sensibile, un’orfana desolata non può aver pace col sangue de’ suoi nemici; e chi può essere lo scopo di sue vendette, s’io non lo sono? Sì. Lindana mi odia: l’idolo mio mi vuol morto. Veggio riaprir la porta della sua camera: non ho coraggio di presentarmi... nello stato in cui mi ha messo questa scoperta... Prendiamo tempo. L’amore mi porgerà, può essere, qualche consiglio. (parte)

SCENA IV.

Lindana e Marianna.

Lindana. No, non ti posso credere. Milordi... Dov’è egli andato? Milord?... Ah! Marianna, tu hai parlato seco lui lungamente.

Marianna. Signora, acchetatevi sulla mia parola

Lindana. Va a vedere se c’è Milord. Voglio parlare con essolui.

Marianna. E lo volete ricevere senza i soliti testimoni?

Lindana. Siamo in una pubblica sala. Cercalo immediatamente.

Marianna. (Prego il cielo che non ci sia). (va e torna)