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LA SCOZZESE | 187 |
gli avventori alla sua bottega, facilitando e procurando i mezzi per soddisfarli?
Fabrizio. Io sono un uomo da bene, un locandiere onesto, un caffettiere onorato. (riscaldandosi)
Cloche. Voi siete uno stravagante, (s’alza con isdegno) e alla vostra bottega non ci verrò più.
Fabrizio. Mi farete piacere.
Cloche. Farò tanto, che saprò chi è quella donna; e vi pentirete di non avermelo voi confidato.
Fabrizio. Fo il mio dovere, e non avrò occasion di pentirmene.
Cloche. Basta, basta, ci parleremo. Signor uomo da bene, signor caffettiere onorato, ci parleremo. (parte)
SCENA II.
Fabrizio, poi Milord Murrai.
Fabrizio. Sarebbe per me un acquisto la perdita di questo importuno. Un uomo ozioso, che va cercando di sapere i fatti degli altri, e inquieta il mondo colle sue seccature. Ecco milord Murrai: questi è un buon cavaliere.
Milord. Fabrizio, vi do il buon giorno.
Fabrizio. Milord, vi faccio umilissima riverenza.
Milord. Avete ancora veduta stamane la vostra ospite?
Fabrizio. Non signore. E ancor di buon’ora.
Milord. Si è veduta la di lei cameriera?
Fabrizio. Nemmeno.
Milord. Son bramoso di sapere, se ha riposato bene la scorsa notte.
Fabrizio. Scusate, Milord, l’ardire di un vostro umilissimo servitore: mostrate una gran premura per questa giovane.
Milord. Vi pare che non la meriti?
Fabrizio. Anzi mi par degnissima delle vostre attenzioni.
Milord. Io trovo in lei una bellezza che incanta, ed una virtù che sorprende.
Fabrizio. M’immagino che a quest’ora saprete la sua condizione.