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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA | 163 |
lettera stessa. Fate la cosa come va fatta, assicurandovi che estremamente mi preme. (a Paolino)
Paolino. Sarà puntualmente servita. (parte)
Giacinta. (La scena va troppo lunga, non la posso più tollerare: accordo e desidero che Guglielmo si determini a sposar Vittoria; ma non ho cuor di vederlo cogli occhi miei). (da sè, alzandosi)
Guglielmo. (Giacinta smania. E non sa forse in quali affanni io mi trovi). (da sè)
Leonardo. Eccomi qui. Vi veggo molto agitata. (a Giacinta)
Giacinta. Quest’aria assolutamente m’offende.
Leonardo. Andiamo a casa, se comandate.
Vittoria. Sì, andiamo, andiamo. (Non veggo l’ora di saper tutto. Questa faccia tosta non c’è caso che mi voglia dir niente), (s’alza, e tutti s’alzano.)
Sabina. Lasciatemi andar innanzi. Sapete ch’io sono sempre stata di vista corta. (Andiamo; non voglio che chi è avanti di noi, senta quello che noi diciamo). (a Ferdinando)
Ferdinando. (Sì, andiamo, che parleremo della donazione), (a Sabina)
Sabina. (Che tu sia maladetto!) (lo prende per mano con dispetto, e partono.)
Giacinta. Vadano pure, se vogliono.
Vittoria. No, no, servitevi. Seguitiamo l’ordine, come siamo venuti. (a Giacinta)
Leonardo. Andiamo, senza cerimonie. (dà mano a Giacinta)
Giacinta. (Oh cieli! mi par d’andar alla morte). (da sè, e parte con Leonardo.)
Vittoria. (Oh! io m’aspetto delle cattive nuove, signor Guglielmo).
Guglielmo. (E perchè, signora?)
Vittoria. (Vi veggo troppo melanconico).
Guglielmo. (Son così di temperamento). (parte con Vittoria)
Costanza. (Ehi! Rosina, cosa vi pare?)
Rosina. (Veggo di gran nuvoloni per aria). (Oh! caro il mio Tognino, andiamo). (parte con Tognino)
Costanza. Andiamo, signor Filippo?
Filippo. Sì, eccomi qui. Già si sa; sempre l’ultimo. (parte con Costanza)