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156 ATTO TERZO


Leonardo. Sì, signora. (scrivendo)

Vittoria. Le apparenze per altro non vi dovrebbero contentar molto.

Leonardo. Son contentissimo. (scrivendo)

Vittoria. E del signor Guglielmo?

Leonardo. Anche di lui. (scrivendo)

Vittoria. Vi par che si porti bene egli pure?

Leonardo. Il signor Guglielmo è un galantuomo, è un uomo d’onore. (scrivendo)

Vittoria. Eppure io so che da tutti...

Leonardo. Ma lasciatemi scrivere, tormentatrice perpetua. (sdegnato)

Vittoria. Lasciate ch’io dica una cosa, e poi vi levo il disturbo.

Leonardo. Che cosa volete dirmi? (scrivendo)

Vittoria. Non s’era egli spiegato d’aver dell’inclinazione per me?

Leonardo. Sì, signora. (scrivendo)

Vittoria. E come si può credere questa cosa?

Leonardo. Si può credere. (scrivendo)

Vittoria. Si può credere?

Leonardo. (Oh! sono pure annnoiato). (scrivendo)

Vittoria. Ha fatto nessun passo con voi?

Leonardo. L’ha fatto. (come sopra)

Vittoria. L’ha fatto?

Leonardo. Sì, lasciatemi terminare. (come sopra)

Vittoria. E a me non si dice niente?

Leonardo. Vi parlerò, se mi lascierete finir questa lettera.

Vittoria. Sì, finitela pure. (Io non so che cosa m’abbia da credere. Potrebbe anche darsi che m’ingannassi, che fosse la gelosia che mi facesse travedere). Quando vi ha parlato il signor Guglielmo? (a Leonardo)

Leonardo. Acchetatevi una volta. Che vi si possa seccar la lingua. (Una lettera artifiziosa ha bisogno di essere studiata bene, e costei mi tormenta). (rilegge piano la lettera)

Vittoria. (Ardo, muoio di curiosità di sapere). (da sè)

Leonardo. (Sì, sì, così va bene. La cosa parerà naturale. Basta che sia bene eseguita). (da sè)