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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA | 155 |
Filippo. Sentite, signora Vittoria?
Vittoria. Avete pure sentito in sala cosa dicevano. So pure che anche voi eravate fuor di voi stesso. (a Leonardo)
Leonardo. Presto si pensa male, e con troppa facilità si giudica indegnamente. Sono stato io a rintracciarla. L’ho trovata sola dalla castalda, e l’ho servita a casa io medesimo. (Vuol il dovere che così si dica. Tutti non sarebbero persuasi del motivo che li faceva essere nel boschetto; intieramente non ne son nemmen io persuaso). (principiando a scrivere)
Filippo. Ha sentito, signora Vittoria? Mia figlia non è capace.
Vittoria. E il signor Guglielmo è tornato? (a Leonardo)
Leonardo. È tornato. (scrivendo)
Vittoria. E dov’era andato? (a Leonardo)
Leonardo. Non lo so. (come sopra)
Vittoria. Sarà stato a visitare il castaldo. (a Leonardo, ironica)
Leonardo. Prudenza, sorella, prudenza. (come sopra)
Vittoria. Io ne ho poca, ma non vorrei che voi ne aveste troppa. (a Leonardo)
Leonardo. Lasciatemi terminar questa lettera.
Vittoria. Scrivete a Livorno?
Leonardo. Scrivo dove mi pare. Signor Filippo, la supplico d’una grazia: favorisca mandar uno de’ suoi servitori a cercar il mio cameriere, e dirgli che venga subito qui, e se non mi trovasse più qui, che verso sera sia alla bottega del caffè, e che non manchi.
Filippo. Sì, signore, vi servo subito.(Signora Vittoria, pensi meglio di me, e della mia famiglia, e della mia casa. Basta! A buon intenditor poche parole). (parte)
SCENA VII.
Leonardo scrivendo, e Vittoria.
Leonardo. (Questa mi pare la miglior risoluzione ch’io possa prendere). (da sè, poi scrive)
Vittoria. Ditemi, signor fratello, siete voi contento della condotta della signora Giacinta?