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148 ATTO TERZO


Paolino. Ci s’intende, e come se la godevano! Hanno sempre parlato sotto voce fra loro due, che era una cosa che faceva male allo stomaco.

Brigida. Anche quello è un matrimonio vicino.

Paolino. Per quel che si vede.

Brigida. Anche quella è un’amicizia fatta in villeggiatura. Se la signora Rosina non veniva qui, difficilmente in Livorno si sarebbe maritata, ed io, in tanti anni che ci vengo, sono ancora così. Convien dire, o che non abbia alcun merito, o che sia sfortunata.

Paolino. Signora Brigida, avete desiderio di maritarvi?

Brigida. Ho anch’io quel desiderio che hanno tutte le fanciulle che non si vogliono ritirare dal mondo.

Paolino. Quando si vuole, si trova.

Brigida. Per me, so che non l’ho ancora trovato; eppure son giovane. Bella non sono, ma non mi pare di esser deforme: dell’abilità ne ho quant’un’altra, e forse più di tant’altre. Per dote, fra denari e roba, tre o quattrocento scudi non mi mancano. Eppure nessun mi cerca, e nessun mi vuole.

Paolino. Mi dispiace che devo andar via, per altro vi direi qualche cosa su questo proposito.

Brigida. Dite, dite, non mi lasciate con questa curiosità.

Paolino. È peccato che perdiate così il vostro tempo.

Brigida. Avreste qualche cosa voi da propormi?

Paolino. Avrei io.... ma....

Brigida. Ma che?

Paolino. Non so se fosse di vostro genio.

Brigida. Quando non ho da prendere un galantuomo, un uomo proprio e civile come siete voi, voglio star piuttosto così come sono.

Paolino. Signora Brigida, ci parleremo.

Brigida. Questa sera, in tempo della conversazione.

Paolino. Sì, avremo quanto tempo vorremo. Verrò da voi, verremo qui nel boschetto.

Brigida. Oh! di notte poi nel boschetto....