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138 | ATTO SECONDO |
Rosina. Ha da fare.
Costanza. Ha da studiare.
Rosina. Non va in nessun luogo.
Sabina. Sì, sì, ho capito. Bravi, bravi; non dico altro. Io poi, quando si tratta... se mi capite, non abbiate paura, che non sono di quelle. Ferdinando.
Ferdinando. Signora.
Sabina. Cara gioia, datemi il fazzoletto.
Ferdinando. Vuole il bianco?
Sabina. Sì, il bianco. Ieri sera ho preso dell’aria, ed ho una flussioncella a quest’occhio.
Ferdinando. Eccola servita, (le dà il fazzoletto con un poco di sdegno)
Sabina. Cos’è, che mi parete turbato? (a Ferdinando)
Ferdinando. (Niente, signora). (a Sabina)
Sabina. (Avete rabbia, perchè ho parlato con quel giovanotto?) (a Ferdinando)
Ferdinando. Eh! signora no. (Ho rabbia di dovermi in pubblico far minchionare). (da sè)
Sabina. (No, caro, non abbiate gelosia, che non parlerò più con nessuno). (a Ferdinando)
Ferdinando. (Parli anche col diavolo, che non ci penso). (da sè)
Sabina. (Tenete il fazzoletto). (a Ferdinando)
Ferdinando. (Mi stanno sul cuore quei diecimila scudi), (da sè)
Sabina. (Non dico tutto, ma qualche cosa bisognerà poi ch’io gli doni).
Giacinta. Orsù, signori, si vogliono divertire? Vogliono fare qualche partita?
Vittoria. Per me faccio quello che fanno gli altri.
Costanza. Disponga la signora Giacinta.
Sabina. Di me non disponete, che la mia partita l’ho fatta. (a Giacinta)
Giacinta. E a che vuol giocare la signora zia?
Sabina. A tresette in tavola col signor Ferdinando.
Ferdinando. (Oh povero me! Sto fresco). Signora, questo è un gioco che annoia infinitamente. (a Sabina)