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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA 119


Costanza. Signora, io non voleva dir niente, perchè sono una donna sincera, e non mi piace adulare, e dall’altra parte sprezzare la roba degli altri non è buona creanza; ma se deggio dirle la verità, non mi piace niente.

Vittoria. Non le piace?

Costanza. Non so che dire, sarò di cattivo gusto, ma non mi piace.

Ferdinando. Cospetto! Questa è una cosa grande. Ma che ci trova, che non le piace?

Costanza. Ma che cosa ci trova di bello, di maraviglioso il signor lodatore? È altro che un abito di seta schietto, guarnito a più colori, come si guarniscono le livree? Con sua buona grazia, non mi piace, e mi pare che non meriti tanti elogi.

Ferdinando. Eh! i gusti sono diversi.

Vittoria. Per altro, signora Costanza, io non sono venuta mai a disprezzare i suoi abiti. (si alzano)

Costanza. Nè io, mi perdoni...

Ferdinando. Io vedo che la signora Vittoria ha volontà di partire. Se comanda, la servirò io.

Vittoria. Mi farà piacere.

Costanza. Ella è padrona di servirsi come comanda.

Vittoria. Serva umilissima.

Costanza. Serva divota.

Ferdinando. Il mio rispetto alla signora Costanza.

Vittoria. Merito peggio, non ci doveva venire. Povera, superba e ignorante). (parte)

Ferdinando. (Bel soggetto per una cantata per musica! L’ambizione e l’invidia). (parte)

Costanza. Gran signora! Gran principessa! Piena di debiti e di vanità, senza fondamento. (parte)

Fine dell’Atto Primo.