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108 ATTO PRIMO


Servitore. Sarà servita. (Scroccone! comanda con questa buona grazia, come se fosse in casa sua, o come se fosse in una osteria). (parte)

Ferdinando. Il signor Filippo è un buonissimo galantuomo; ma non sa farsi servire. Tutta volta si sta meglio qui, che in ogni altro luogo. Si gode più libertà, si mangia meglio, e vi è migliore conversazione. È stato bene per me, che mi sia accompagnato in calesso colla cameriera di casa; con questo pretesto sono restato qui, in luogo di andar dal signor Leonardo. Colà pure non si sta male, ma qui si sta egregiamente. In somma tutto va bene, e per colmo di buona sorte, quest’anno il gioco non mi va male. Facciamo un po’ di bilancio; veggiamo in che stato si trova la nostra cassa, (siede ad un tavolino, e cava un libretto di tasca) A minchiate, vincita, lire dieciotto. A primiera, vincita, lire sessantadue. Al trentuno, vincita, lire novantasei; a faraone, vincita, zecchini sedici, fanno in tutto... (conteggia) in tutto sarò in avvantaggio di trenta zecchini incirca. Eh! se continua così... Ma che diavolo fate? Mi portate questa cioccolata? Venite mai, che siate maledetti? (grida forte)

SCENA V.

Filippo ed il suddetto.

Filippo. Caro amico, fatemi la finezza di non gridare.

Ferdinando. Ma voi non dite mai niente, e la servitù fa tutto quello che vuole.

Filippo. Io son servito benissimo, e non grido mai.

Ferdinando. Per me non ci penso. Ma avete degli altri ospiti in casa; e si lamentano della servitù.

Filippo. Vi dirò, amico; i miei servitori li pago io, e chi non è contento, se ne può andare liberamente.

Ferdinando. Avete ancora bevuto la cioccolata?

Filippo. Io no.

Ferdinando. E che cosa aspettate a prenderla?

Filippo. Aspetto il mio comodo, la mia volontà e il mio piacere.