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104 | ATTO PRIMO |
cenato, hanno ritornato a giocare, ed io me la godeva dormendo. A giorno la padrona mi ha fatto chiamare; mi sono alzata, l’ho spogliata, l’ho messa a letto, ho serrata la camera, e mi sono bravamente vestita. Ho fatto una buona passeggiata in giardino, ho raccolto i miei gelsomini, e ho goduto il maggior piacere di questo mondo.
Paolino. Così veramente qualche cosa si gode. Ma che cosa godono i nostri padroni?
Brigida. Niente. Per loro la città e la villa è la stessa cosa. Fanno per tutto la medesima vita.
Paolino. Non vi è altra differenza, se non che in campagna trattano più persone, e spendono molto più.
Brigida. Orsù, questa mattina voglio aver anch’io l’onore di trattare i miei cavalieri. (scherzando) Come volete essere serviti? Volete caffè, cioccolata, bottiglia? Comandate.
Paolino. Io prenderò piuttosto la cioccolata.
Tita. Anch’io cioccolata.
Beltrame. Ed io un bicchiere di qualche cosa di buono.
Brigida. Volentieri; vi servo subito. (in atto di partire)
Tita. Ehi! la cioccolata io non la prendo senza qualche galanteria. (a Brigida)
Brigida. Eh! ci s’intende.
Paolino. La signora Brigida sa ben ella quel che va fatto.
Brigida. Già della roba ce n’è, già la consumano malamente; è meglio che godiamo qualche cosa anche noi. (parte)
SCENA II.
Paolino, Tita, Beltrame.
Paolino. Domani mattina, alla stessa ora, vi aspetto a favorire da me.
Tita. Bene, e un’altra mattina favorirete da me.
Paolino. Il vostro padrone è in campagna? (a Tita)
Tita. Il mio padrone è a Livorno, e la padrona sta qui a godersela. Il marito fatica in città a lavorare, e la moglie in campagna a spendere e a divertirsi.