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GL'INNAMORATI 81

Eugenia. Ah sì, Fulgenzio, maltrattatemi, disprezzatemi, che avete giusta ragion di farlo.

Fulgenzio. No, cara, voglio amarvi teneramente.

Eugenia. Non merito l’amor vostro.

Fulgenzio. Voi sarete la mia cara sposa.

Eugenia. No, non deggio esserlo; abbandonatemi.

Fulgenzio. Non dovete esserlo? Anima mia, perchè mai?

Eugenia. Perchè ad altri ho data la mia parola.

Fulgenzio. E a chi? (tremante)

Eugenia. Al conte Roberto.

Fulgenzio. Quando?

Eugenia. Poc’anzi.

Fulgenzio. E perchè?

Eugenia. Per vendetta.

Fulgenzio. Contro di chi vendetta?

Eugenia. Contro di me medesima; contro il mio cuore, contro la mia colpevole debolezza. Oimè, mi sento morire, (si copre col fazzoletto e resta così.)

Fulgenzio. Ah perfida! ah disleale! quest’è l’amore? questa è la fedeltà? No, che non aveste amore per me. Furono sempre finti i vostri sospiri. Mendaci sono ora le vostre smanie. Me ne sono avveduto della vostra inclinazione pel mio rivale. Erano pretesti per istancarmi le gelosie mal fondate, i sospetti ingiuriosi, le invettive e gl’insulti. Godi, o barbara, della mia disperazione, trionfa della mia buona fede, deridi un misero, che per te more, ma trema della giustizia del cielo. Ti lascio in preda del tuo rossore; parlino per me i tuoi rimorsi; e per ultimo dono di chi tu sprezzi, assicurati di non vedermi mai più. (in atto di partire)

Eugenia. (Svenuta cade sopra una sedia vicina.)

Fulgenzio. (Sentendo strepito si volta) Oimè; che è questo? Eugenia, Eugenia, aiuto, soccorso.