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GL'INNAMORATI 77

Roberto. Signore, non la mortificate così. (a Fabrizio)

Fabrizio. La vede, signor Conte? Questa è la più stolida ragazza di questo mondo. Non sa che si faccia, non sa che si dica; non è buona da nulla; e parla di maritarsi.

Eugenia. (Non vorrei che mi tirasse a cimento).

Roberto. Ma voi, signore, me l’avete pure lodata, avete pur detto che non c’è in tutto il mondo una giovane come lei.

Fabrizio. Mi disdico di quel che ho detto. È una sciocca, è una frasca, è un’impertinente.

Eugenia. Signor Conte, siccome non avrete dato fede all’elogio, spero non crederete al biasimo, con cui vorrebbe discreditarmi.

Roberto. Tant’è vero ch’io non lo credo, che se mai per avventura accadesser di que’ casi da me previsti, non avrei alcuna difficoltà ad offerirvi la mano.

Fabrizio. Come? il signor Conte si degnerebbe di sposar mia nipote?

Roberto. Sì, certo, e mi chiamerei felice, se avessi la sorte di conseguirla.

Fabrizio. Ah nipote, questa sarebbe per voi una gran fortuna, e per me una gloria immortale. Il signor conte d’Otricoli, cavaliere sublime, illibato, celebre, dovizioso, rampollo illustre di eccelsi progenitori, il fiore della nobiltà, l’esempio della onoratezza, il prototipo della vera cavalleria. Felice voi, felice me, felice la nostra casa. Dice davvero? (al Conte)

Roberto. Io non ho tutti i pregi dei quali mi caricate: ma vanto quello della sincerità; e ve lo dico di cuore.

Fabrizio. Senta, signore, la collera fa dire delle pazzie; per altro Eugenia è un portento: fa invidia a tutte le donne, è una gioia, è un incanto. Sa di tutto, sa far di tutto, ha una mente chiarissima, ha un cuor bellissimo: saggia, morigerata, obbediente. Ha tutte le buone parti immaginabili della bontà.

Roberto. Credo tutto, ma ella ha il cuor prevenuto per altro amante.

Fabrizio. Siete voi impazzita per il signor Fulgenzio? per quello stolido? per quell’ignorante? uomo vile, indegno della mia casa, spiantato, vagabondo, plebeo?