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68 | ATTO TERZO |
Lisetta. Se ne va via. (osserva)
Tognino. E la mia padrona?
Lisetta. Si asciuga gli occhi. (osserva)
Tognino. E il padrone?
Lisetta. Non si move. (osserva)
Tognino. E la signora Flamminia?
Lisetta. Par che pianga ella pure. (osserva)
Tognino. E quel forastiere?
Lisetta. Prende tabacco, e non parla. (osserva)
SCENA II.
Eugenia e detti.
Eugenia. Che fate lì a quella porta?
Lisetta. Niente, signora. (Lisetta e Tognino si spaventano)
Eugenia. Andate via.
Lisetta. Perdoni. (ad Eugenia)
Tognino. Compatisca. (ad Eugenia)
Eugenia. Levatevi di qui, vi dico.
Lisetta. (Oh, le fuma il capo davvero). (parte)
Tognino. (Povero padrone! Voglio vedere se ha bisogno di nulla). (parte)
SCENA III.
Eugenia sola.
(Ponendosi a sedere con isdegno) No, non voglio più far questa vita. Se tirerò innanzi così, diverrò tisica, morirò disperata. Veggo da me medesima, che di giorno in giorno mi vo dimagrando, e per chi? Per un ingrato. Non serve dire; Fulgenzio è un ingrato. Ha sempre finto volermi bene, ma non me ne ha mai voluto. Nelle occasioni si conosce chi ama. Se avesse per me quella premura che dovrebbe avere, cosa gl’importerebbe disgustar per me la cognata? Oh! gliel’ha raccomandata il fratello. Il fratello è fratello, e l’amante è amante; e se ho d’amare,