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62 ATTO SECONDO

Fulgenzio. (Oh cieli! prevedo qualche nuovo disastro).

Clorinda. Voi mi mortificate, signora. Sapete che ho per voi quella stima e quel rispetto che meritate; ma dacchè partì mio marito, non sono uscita di casa.

Eugenia. Nè anche la sera?

Clorinda. Ah sì, una sera con mio cognato; ve l’ha egli detto?

Eugenia. Oh, non mi ha detto niente. Egli non mi usa simili confidenze.

Clorinda. Male, signor cognato; quando si ama, si dice tutto.

Eugenia. Che ha il signor Fulgenzio, che è ammutolito?

Fulgenzio. Niente, signora. (Cielo, aiutami).

Eugenia. Fa così in casa, signora Clorinda?

Clorinda. No, per dirla; è piuttosto gioviale.

Eugenia. Sì, non è accigliato, se non quando viene da me. Qui è dove gli si promove la malinconia.

Fulgenzio. Signora, non potete dire che sia stato sempre così.

Eugenia. È vero, è da poco tempo; da che vi sono diventata noiosa.

Clorinda. Eppure mi parla sempre di voi con un amore grandissimo. (ad Eugenia)

Eugenia. Gioca in casa il signor Fulgenzio? (a Clorinda)

Clorinda. Sì, qualche volta.

Eugenia. E da me grida, bestemmia; tira fuori i coltelli. (Dove è andato quel maladetto coltello, che glielo voglio rendere or ora). (mostra di cercar il coltello)

Clorinda. (Perchè le fate di queste scene?) (piano a Fulgenzio)

Fulgenzio. Perchè, perchè... Ora non posso parlare. (guardandosi da Eugenia)

Eugenia. Che cosa sono questi segreti? Se avete dei segreti, non avete tempo di comunicarveli in casa? Anche qui venite a fare ci ci?1 Questo è un volere provocare la mia sofferenza, (parte)

Clorinda. Che vuol dire questo discorso? (a Fulgenzio)

Fulgenzio. Eh, sia maladetto quando siete venuta qui. (corre dietro ad Eugenia)

  1. Nell’ed. Pasquali c’è il punto fermo.