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GL'INNAMORATI 59

Eugenia. Che lo so io?

Fulgenzio. Voglio mondare una mela.

Eugenia. Fulgenzio. (intenerendosi1)

Fulgenzio. Lasciatemi stare. (con più caldo)

Eugenia. Fulgenzio. (come sopra)

Fulgenzio. Lasciatemi stare. (crescendo il caldo)

Eugenia. Per carità.

Fulgenzio. Per me non c’è carità, nè amore, nè compassione. (come sopra)

Eugenia. Ascoltate una parola almeno.

Fulgenzio. Cosa volete dirmi? (con isdegno)

Eugenia. Una parola sola.

Fulgenzio. Via, ditela. (come sopra)

Eugenia. Placatevi, se volete ch’io parli.

Fulgenzio. Ah! (sospira con isdegno)

Eugenia. Datemi quel coltello.

Fulgenzio. Signora no.

Eugenia. Ve lo domando, se non per l’amore che mi portate, per quello almeno che mi avete portato.

Fulgenzio. Ah! (si lascia cadere il coltello di mano)

Eugenia. (Maladetto coltello!) (lo prende velocemente e lo getta via)

Fulgenzio. (Mi sento morire). (da sè)

Eugenia. Vi sono io così odiosa, che volete morire piuttosto che volermi bene?

Fulgenzio. Sì, voglio morire piuttosto che vedervi in braccio ad un altro.

Eugenia. Ma come è possibile mai, che vi passino per mente pensieri così indegni di voi e di me? Io amar altri che il mio Fulgenzio? Io darmi ad altri fuorchè al mio bene, all’anima mia, al mio tesoro? Non sarà mai, non sarà mai. Morirei prima di farlo.

Fulgenzio. Lo posso credere?

Eugenia. Se non lo dico di core, il cielo mi fulmini.

  1. Nelle edd. Pasquali, Zatta ecc.: intenerendosi.