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GL'INNAMORATI 57

SCENA XIII.

Fulgenzio ed Eugenia.

Fulgenzio. (Per me ho finito d’essere innamorato). (passeggia)

Eugenia. (Voglio piuttosto mettermi un sasso al collo, e andarmi a gettar nel Naviglio). (da sè)

Fulgenzio. (Si vede chiaro, che è annoiata di me). (come sopra)

Eugenia. (Ha il cuore con tanto di pelo). (da sè)

Fulgenzio. (Ci scommetterei la testa, che il Conte le piace). (come sopra)

Eugenia. (Finto! doppio come le cipolle!) (da sè)

Fulgenzio. (Son pur pazzo io a perdere il mio tempo, e a perdere la salute ed il riposo per lei). (come sopra)

Eugenia. (Lo vedrebbe un cieco, che ha più premura per la cognata, che per me). (da sè)

Fulgenzio. (Penerò un poco, ma lo supererò questo indegnissimo amore). (come sopra)

Eugenia. (Se ora mi tratta così, guai a me se fosse mio sposo). (da sè)

Fulgenzio. (Farò un viaggio; me ne scorderò). (come sopra)

Eugenia. (Ha una faccia, che pare il vero demonio). (da sè)

Fulgenzio. (E stimo che non mi dice niente). (come sopra)

Eugenia. (Che ho da fare io con questo girandolone? E meglio che me ne vada). (in atto di partire)

Fulgenzio. Buon viaggio. (forte)

Eugenia. Felice ritorno. (si volta)

Fulgenzio. Vada, vada, che il signor Conte l’aspetta.

Eugenia. Perchè non va a dire alla signora cognata, che resta a pranzo fuori di casa?

Fulgenzio. (Maladetta!) (si va sdegnando a poco a poco)

Eugenia. Perchè non le va a chieder licenza di restar qui?

Fulgenzio. (Le si possano seccar le labbra). (come sopra)

Eugenia. Ma ora che ci penso; non vorrà che lo sappia la sua signora cognata che resta qui, avrà paura, avrà soggezione.