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GL'INNAMORATI 55

Fulgenzio. Sarei più fortunato, se avessi il merito del signor Conte.

Roberto. Io non ho merito alcuno; ma vi accerto bensì, che se avessi un’amante, come questa gentil signora, mi chiamerei fortunato.

Fulgenzio. E chi v’impedisce una sì gran fortuna?

Roberto. Io non faccio mal’opera con nessuno...

Fulgenzio. Se parlate per me...

Eugenia. Se parlate per lui, mi rinunzia solennemente. (a Roberto)

Fulgenzio. Ella interpreta i miei sentimenti a misura delle sue inclinazioni.

Flamminia. Il signor Conte non è capace di interrompere il corso dei vostri amori.

Fulgenzio. Sì: è arrivato in questo momento, e parte prestissimo di Milano.

Flamminia. Io ho parlato così...

Eugenia. Eh, lasciatelo dire. Non sapete com’è fatto? Ha voglia di taroccare.

Fulgenzio. E voi avete voglia di vedermi fare delle pazzie. Ma questo gusto non ve lo darò più. Ho fissato di non volermi più scaldare il sangue per voi. Signor Conte, da dove viene ora, se è lecito?

Roberto. Da Roma, signore.

Fulgenzio. Che dice di quella gran città?

Roberto. Bella, magnifica, piena di meraviglie.

Flamminia. A noi non importa di Roma.

Eugenia. Lasciatelo dire; lasciate che si diverta.

Fulgenzio. Mi dicono che a Roma ci sono delle belle donne, è egli vero?

Roberto. Sì, certo, ed hanno una galanteria sorprendente.

Fulgenzio. Sono così ostinate, come le Milanesi?

Flamminia. Questa poi, compatitemi... (a Fulgenzio)

Eugenia. A Roma, signore, degli uomini incivili ve ne sono? (a Roberto)

Roberto. Via, via, non vi lasciate trasportar dalla collera.

Fulgenzio. Andrei a Roma pur volentieri.