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54 | ATTO SECONDO |
SCENA X.
Succianespole e detti.
Succianespole. Signore. (con una stoviglia in mano)
Fabrizio. (Tieni questo grembiale, che or ora vengo, e senti: cresci qualche cosa per due persone di più).
Succianespole. (E le posate?)
Fabrizio. (Oh diavolo! come faremo?)
Succianespole. (Come faremo?)
Fabrizio. (Ingegnati).
Succianespole. (Vi sono quelle di legno).
Fabrizio. (Sciocco! la riputazione. Zitto, l’ho trovata. Farò così, me ne farò prestar due della signora Clorinda. È una donna di garbo, non dirà niente a nessuno. Farò bene?)
Succianespole. (Gnor sì).
Fabrizio. (Va a lavorare).
Succianespole. (Gnor sì). (parte)
Fabrizio. Con licenza di lor signori.
Flamminia. Dove va, signor zio?
Fabrizio. Succianespole si è scordato di comprare una cosa. Vado io, e torno subito. (Eh, per ripieghi non c’è un par mio. Starei bene a una Corte, maggiordomo, primo ministro. Non sono morto. Chi sa?) (parte)
SCENA XI.
Flamminia, Eugenia, Fulgenzio e Roberto.
Roberto. (In questa casa vi è il più bel divertimento del mondo).
Eugenia. Mi dispiace del sagrifizio che oggi deve fare il signor Fulgenzio.
Fulgenzio. E a me dispiace, che ogni sagrifizio è male accettato.
Roberto. Signori miei, amore non si pasce di sdegno, ma di dolcezze. (a Fulgenzio e ad Eugenia)
Flamminia. Bravo, dite lor qualche cosa, che non istiano sempre ingrugnati. (a Roberto)