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GL'INNAMORATI 43

Fabrizio. Riverisco il signor Ridolfo.

Ridolfo. Ho fatto già il mio dovere.

Fabrizio. Compatitemi. Ho tanto camminato, ho tanto faticato, che mi gira la testa. Ma ho fatto poi una spesa, che ne anche il governatore1. Succianespole, è vero?

Succianespole. Gnor sì.

Flamminia. Andate a mutarvi. (a Fabrizio)

Succianespole. Ch’io vada? (a Fabrizio)

Fabrizio. Aspetta.

Succianespole. Con questo peso... (a Fabrizio)

Fabrizio. Aspetta. Lasciami veder quel cappone. Osservate. Si è mai veduto da che mondo è mondo un cappone compagno? Lasciami vedere quella vitella. Ah? che dite? E da dipingere? È cosa rara? Eh, la vitella che ho io in questo paese non l’ha nessuno. Signor Ridolfo, questa vitella è un butirro, è un balsamo. Resti a mangiarne un pezzetto con noi.

Ridolfo. Vi ringrazio, signore...

Fabrizio. No, no, assolutamente. Guardate queste animelle: che roba! che piatto! che esquisitezza! Ne avete da mangiar una anche voi.

Ridolfo. Vi supplico dispensarmi...

Fabrizio. Non mi fate andar in collera. Io poi... io poi... Ah? che piccioni! Avete mai veduti piccioni simili? Signor no, e signor no. Questi sono piccioni, che li salvano solamente per me. E sentirete che salsa ch’io ci farò. Io, io, colle mie mani. E il signor Ridolfo resterà a favorire con noi.

Ridolfo. Siete tanto obbligante, che non si può dire di no.

Succianespole. Una parola. (a Fabrizio)

Fabrizio. Cosa vuoi? (accostandosi)

Succianespole. (E le posate?) (piano a Fabrizio)

Fabrizio. (È vero. Non importa; darai a me una posata di stagno; mettila bene sotto la salvietta, che non si veda).

Succianespole. Gnor sì. (s’incammina adagio)

  1. L’ed. Zatta ha qui dei puntini, invece del punto fermo.