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GL'INNAMORATI | 39 |
Fulgenzio. Compatitemi, non farò più.
Eugenia. Non mi fate di queste ragazzate, che non ne voglio.
Fulgenzio. Andrete a spasso questa sera? (ridente amoroso)
Eugenia. Se mi parerà. (scherzando con amore)
Fulgenzio. Con chi anderete?
Eugenia. Eh! (come sopra)
Fulgenzio. Con me anderete.
Eugenia. Sicuro! (ironico)
Fulgenzio. Non volete venir con me? (un poco sdegnato)
Eugenia. Se ci veniste volentieri.
Fulgenzio. Ma cara Eugenia, possibile che ancora non siate certa dell’amor mio? In un anno in circa che ho la consolazione della vostra cara amicizia, vi ho dato scarse prove d’amore? Ancora mi volete fare il torto di dubitarne? So che vi sta sul core quella povera mia cognata. Ma sapete il debito che mi corre. Mio fratello, che l’ama teneramente, me l’ha con calore raccomandata. Sono un galantuomo, sono un uomo d’onore. Non posso abbandonarla, non posso trattarla con inciviltà; se siete una donna ragionevole, appagatevi dell’onesto, compatite le mie circostanze, e per l’amor del cielo. Eugenia mia, non mi tormentate.
Eugenia. Via, avete ragione. Non vi tormenterò più. Compatitemi; conosco che ho fatto male....
Fulgenzio. Basta così, che mi si spezza il core per la tenerezza.
Eugenia. Mi vorrete sempre bene?
Fulgenzio. Credetemi, che domandandomi questa cosa, voi mi offendete.
Eugenia. Ve la domando, perchè vorrei sentirmelo replicare ognora, ogni momento.
Fulgenzio. Sì, cara, ve ne vorrò in eterno; e se il cielo vuole, non passerà gran tempo, che sarete mia.
Eugenia. E che cosa aspettate?
Fulgenzio. Il ritorno di mio fratello.
Eugenia. Non potete maritarvi senza di lui?
Fulgenzio. La convenienza vuol ch’io l’aspetti.