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non restano nella Guerra che le lungaggini d’un’azione povera e noiosa (C. G. auf dem deulschen Theater des XVIII Jahrhunderts, Montjoie, 1910, pp. 38, 68-9). Nel 1911 A. De Gubernatis scrisse che l’Am. milit. e la Guerra hanno gli stessi pregi, gli stessi difetti: «l’intreccio comico non vi s’innesta troppo felicemente; onde noi siamo piuttosto davanti a scene staccate di vita castrense, che di fronte a vere e proprie commedie, bene ordinate e compiute» (C. G., Firenze, p. 167). Finalmente Att. Momigliano osservò che «certe commedie del G. non han di vivo che alcune macchiette: così La Guerra, dove esse dopo il primo atto non svelano più nulla di nuovo... Nell’Am. mil. l’argomento è insolito, il mondo no; qualche cosa di simile si può dire della Guerra. Per quanto svariati siano i titoli, gli ambienti e le azioni restano relativamente uniformi» (I limiti dell’arte gold., in Misc.ea Renier, Torino 1913, pp. 84 e 87).

Ma per lo più questa commedia passò sotto silenzio, quasi fosse ignorata anche dai biografi di Goldoni. Lo Schedoni, l’implacabile moralista, vi ricamò sopra alcune sue puerili considerazioni, contento che «lo scopo del nostro Autore» sia di spirare agli uomini d’armi «fra le bellicose idee le doti morali» (Principii morali del teatro, Modena 1828, pp. 58-9). Di recente C. Dejob notò le due figure di Aspasia e di Polidoro (Les femmes dans la comédie ecc., Paris, 1899 pp. 138, 194-5) e ammirò nella Guerra «un tableau amusant, circonstancié et, en somme, sympatique de la vie des camps (Le soldat dans la littér. franç. au 18 siècle, Paris, 1899, p. 31). V. Brocchi invece affermò che la Guerra e l’Am. milit. «svelano crudamente corruzione di soldati e di ufficiali» (C. G. e Ven. nel sec. XVIII, Bologna, 1907, p. 35). L. Falchi vi cercò le audaci idee dell’autore intorno alle istituzioni militari («L’amore di Faustino e di Donna Florida si svolge, con poca naturalezza, in mezzo alle scene riferite» Intendimenti sociali di C. G., Roma, 1907, pp. 112-5). Ma E. Masi alzò la voce contro coloro che, in grazia di queste due commedie, gabellano Goldoni «per un pacifista ed un antimilitarista dei giorni nostri» (C. G., discorso, Firenze, 1907, p. 22). E qui poniamo fine volentieri a una sì fatta rassegna, forse inutile e certo noiosa (solo aggiungiamo E. Schmidt, nel suo volume su Lessing, Berlino, 1899: cit. da Maddalena, Lessing e G., estr. dal G. Stor. 1906, p. 17).

Strano a dirsi, maggior fortuna ebbe la Guerra fuori di Italia. In Francia, dove i capolavori veneziani del Goldoni restarono sempre ignorati e dove il numero delle commedie tradotte è così scarso, la Guerra trovò ben due traduttori: M. Mesle, nel 1764 (la Guerre: v. Blanc, Bibliographie Italico-Franç: Milano, II, 1886, colonna l303; e schedario inedito di Edg. Maddalena) e J. L. Nyon, nel 1807 (La guerre el la paix: Blanc, l. c.). - In Germania fu lodata quando comparve nel t. VI (1764) dell’ed. Pasquali (v. Bibliothek der schönen Wissenschaften: Mathar, l. c. 37-38) e più ancora quando fu rappresentata con grande fortuna a Lipsia nel genn. e nel febbr. del 1768 (lo scrittore delle Unterhaltungen la paragonò a una pittura sul gusto della scuola fiamminga, e la disse piena di movimento nell’azione e di varietà ne’ caratteri: c. s., p. 95). A Vienna fu tradotta da J. G. von Laudes e recitata in quello stesso anno 1768: la versione uscì a stampa nel 1770 (Der Krieg oder das Soldalenleben: L. Mathar, pp. 68-9, e schedario Maddalena). Ma già nel 1767 a Lipsia l’aveva trasportata in tedesco G. Enrico Saal, nel primo tomo delle