Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
435 |
Delle guerre si parla, e inviperito
Ciascheduno difende il suo partito:
Chi loda li Prusso, e chi l’Austriaco esalta.
Chi dispone gli acquisti e la vittoria,
Chi colla voce l’inimico assalta,
Chi le perdite ancor converte in gloria,
Chi le carote per costume appalta,
Chi nega i fatti della conta istoria,
Chi l’Oder, dice, la Sassonia bagna,
Chi la Vistula crede in Alemagna.
Uno dei due guerrier chi aveva accanto.
Alza la voce, e in guisa tal ragiona:
Voi, ch’esaltate della guerra il vanto,
Perchè non ite a seguitar Bellona?
Col capo rotto, e con un braccio infranto
Sapreste, se il pugnar sia cosa buona.
Bello è di guerra il favellar sedendo,
Io, che ci fui, le sue bellezze intendo.
La morte è il men del militar mestiere;
Una volta si more, ed è finita.
Molto peggio di morte è il non avere
Riposo mai, finchè si resta in vita,
E il dormir su la terra, e l’acqua bere
Qualche volta fetente imputridita,
E soffrire nel verno il crudo gelo
E nella state il gran bollor del Cielo.
Meglio per me, se nella prima etate
A studiare di cor mi avessi dato.
Meglio per me, s’io fossi Prete o Frate,
E meglio ancor fra i Gesuiti entrato ecc....
Ma non ostante lo spirito poco marziale del Goldoni, da lui confessato (p. 369) e i suoi sentimenti di umanità, comuni ormai ai letterati del suo tempo in Italia e oltralpe (v. E. Bertana, Gli sciolti sulla Guerra di G. Parini, in G. Stor. Lett. It., vol. XXVIi. 1896, f. 2-3; G. Natali. La guerra e la pace nel pensiero italiano del sec. XVIII, in Italia moderna II, f. 2, 20 ott. 1904; G. Ortolani, Settecento cit., passim), egli seppe rendere con certa efficacia quel quadro grottesco di leggerezza, di vizio, di corruzione e di eroismo. Solo vi è certe volte una soverchia analisi; e certi personaggi, come don Polidoro e donna Florida nel primo atto, don Faustino, don Sigismondo e don Sancio nel secondo, e ancora donna Florida nel terzo, parlano troppo a lungo: difetto di misura a cui il pubblico non perdona mai. Eppure alcune scene sono di mano maestra, come per esempio la prima, qualche figura, come don Cirillo, e d’una vivacità indiavolata, qualche altra, come Donna Aspasia, e di una originale psicologia. Una nobiltà eroica si ammira nella figura di don Egidio, la quale a me par sincera, sebbene mi ricordi vecchi eroi della comedia spagnola, e mi pare indispensabile all’autore per la sua fedele rappresentazione. Non so perchè, ogni volta che rileggo l’ultima scena del secondo atto, penso al famoso capitano