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34 ATTO PRIMO

Ridolfo. Mi par difficile.

Lisetta. L’hanno fatta tante altre volte

Ridolfo. Questa volta l’amico è risolutissimo. Per quanto gli abbia io suggerito di pensarvi, di star a vedere, di non precipitare una risoluzione di questa natura, ha battuto sodo, mi ha risposto come un cane arrabbiato, e fino colle lagrime agli occhi mi ha pregato per carità, che io venissi a disimpegnarlo.

Lisetta. Non ci credo, e non ci crederò mai. Ne ho vedute tante di queste scene, che non ci credo1.

Ridolfo. Orsù, in ogni modo io mi vo’ disimpegnare dalla mia commissione: parlare con una di esse; spiegar l’intenzione dell’amico Fulgenzio; e nasca quel che sa nascere, io non vo’ strolicar d’avvantaggio.

Lisetta. Se voi parlate di ciò alla signora Eugenia, la fate cascar morta: almeno usatele carità. Non le date il colpo tutto ad un tratto.

Ridolfo. Credetemi, io lo faccio mal volentieri. Ho pregato l’amico di dispensarmi: gli ho anche detto che mi lagnerei, se dopo di aver fatto io questo passo, lo riconoscessi pentito. Tant’è, è costantissimo, vuol ch’io lo faccia. Chiamatemi la signora Flamminia.

Lisetta. È di là ora con un forastiere, che per ordine di suo zio gli fa veder certi quadri.

Ridolfo. E la signora Eugenia dov’è?

Lisetta. Ella pure si è messa della partita... Oh aspettate. Che il signor Fulgenzio abbia saputo del forastiere, e che sia sdegnato per questo?

Ridolfo. Oibò; mi ha detto di certa lettera; ma non l’ho capito. Orsù, fatemi un poco parlare o coll’una o con l’altra.

Lisetta. Povera padrona! Andrò, signore... Oh, chi è qui?

Ridolfo. Per bacco! È qui Fulgenzio.

Lisetta. Non ve l’ho detto?

Ridolfo. Verrà a cercare di me.

Lisetta. Eh sì, verrà a cercare di voi!

  1. Ed. Zatta: e non ci credo.