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LA GUERRA | 401 |
Conte. Gliel’ho dato, sicuro.
Cirillo. Sì, per farmi dispetto; ma non avete nè testa, nè prudenza, ne civiltà.
Conte. A me questo?
Cirillo. Sì, a voi. Io ho avuto amicizia colle più belle ragazze di questo mondo, e non ho mai speso un quattrino; e voi buttate via il danaro così? Stolido, scimunito, minchione.
Conte. Don Cirillo, parlate meglio.
Cirillo. E al giorno d’oggi, stroppio così come sono, son padrone di farmi correr dietro tutte le donne ch’io voglio; e mi parerebbe di ridere a farvi stare, bertuccione, vigliacco.
Conte. Siete un temerario, un impertinente.
Cirillo. A me temerario? a me temerario? (saltando)
Conte. A voi, e se non foste nello stato in cui siete, v’insegnerei a parlare.
Cirillo. Non ho paura di voi, e, cospetto di bacco, mi voglio battere.
Conte. Non mi vo’ mettere con uno stroppio.
Cirillo. Se ho stroppia la gamba, non ho stroppia la mano; ci batteremo colla pistola.
Conte. Bene, ad altro tempo ci rivedremo. (parte)
Cirillo. Crede forse di farmi paura? Ho fatto ventisette duelli, e son soldato d’onore, e don Cirillo, anche senza una gamba, sempre sarà don Cirillo.
(cantando e saltando parte)
SCENA VI.
Camera in casa del Commissano.
Donna Florida e donna Aspasia.
Aspasia. Donna Florida, mi rallegro con voi.
Florida. Sì, cara amica, sono consolatissima. Il cielo ha secondato i miei voti. Terminato è per ora il pericolo di mio padre,