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La notte oltrepassata, meschin, non ha dormito.

Vegliando e ripensando, risoluzione ha presa
Di licenziar la truppa, di abbandonar l’impresa.
Sagrifica alle Smirne le spese che ha ordinate,
Sagrifica le somme che al diavolo ha gettate.
Questi mille ducati dona alla compagnia;
Il vento è favorevole, e il Turco è andato via.
Tonina. Oh cospetto del diavolo!
Annina.   Cos em tocca a sentir?
Carluccio. Presto, i mille ducati principiamo a spartir.
Lucrezia. Cinquecento per me.
Maccario.   Voglio quel che mi tocca.
Nibbio. Tutti, tutti ci abbiamo da bagnare la bocca.
Conte. Il danar non divido. Lo tengo qui col patto,
Che facciasi con questo un’opera a caratto.
Lucrezia. Io son la prima donna.
Tonina.   Prima vôi esser mi.
Annina. An sen miga alle Smirne. La n’ha d’andar aqusì.
Conte. Resti la compagnia come al presente è fatta,
Se così non s’accorda, la società è disfatta;
Ed io ch’ebbi l’arbitrio, se alcun sarà restio,
Farò che sia il denaro partito a modo mio.
Se tutti siete uniti, da cavalier d’onore,
M’impegno dell’impresa far io da direttore;
Ma chi avrà dei catarri, chi fa l’impertinente.
Scacciato dall’impresa, non speri d’aver niente.
Carluccio. La protezion del Conte tanto rispetto e stimo,
Che a soggettarsi a tutto sarà Carluccio il primo.
Annina. Ch’al faza quel ch’al vol.
Lucrezia.   D’acconsentir prometto.
Tonina. Se reportemo a lu, sior Conte benedetto.
Pasqualino. Signor, voi lo sapete, io non ho pretensione;
Pongomi sotto il manto di vostra protezione.
Maccario. Mi raccomando a voi, siatemi protettore.
Nibbio. Sotto il vostro comando farò da direttore.