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28 ATTO PRIMO


pagna. Non c’è in tutto Milano, non c’è in tutta l’Italia una donna come Flamminia.

Roberto. Mi rallegro infinitamente colla signora.

Flamminia. Mio zio si diverte; non ho questi meriti.

Fabrizio. Via, signora Eugenia, ditegli qualche cosa; fate conoscere il vostro spirito, la vostra vivacità. Non c’è, veda, non c’è in tutto il mondo una giovane come lei. Balla in una maniera, che i primi ballerini sono rimasti storditi. Canta poi di un gusto, che chi la sente muore. Parla, che non c’è stata mai, da che mondo è mondo, una parlatrice compagna.

Roberto. È ammirabile la signora per la virtù e per il merito della bellezza.

Eugenia. Vi prego non secondare mio zio nel piacer di mortificarmi.

Roberto. È ancor zitella la signora Eugenia? (a Fabrizio)

Fabrizio. Sì signore. M’è stata richiesta dalla prima nobiltà di Milano; ma io non l’ho voluta dare a nessuno. Ho delle idee grandiose sopra di lei.

Roberto. In fatti ella merita una fortuna corrispondente alle sue rare prerogative.

Fabrizio. Al giorno d’oggi vi è poco da compromettersi. Ci sono più debiti che ricchezze. Dei conti d’Otricoli non ce n’è che un solo al mondo.

Roberto. Io vaglio molto meno degli altri. Le mie fortune sono assai limitate. Quello di che mi pregio, si è la sincerità e l’onore.

Fabrizio. Nipoti mie, quest’è l’esempio dei cavalieri onorati; è il libro aperto, che insegna agli uomini la sincerità.

Flamminia. Lo conoscerete ch’è un pezzo questo signore? (a Fabrizio)

Fabrizio. Quest’è la prima volta, che ho l’onor di vederio.

Flamminia. (E pare che sieno trent’anni che lo conosce).

Fabrizio. È stato diretto a me da un amico mio di Bologna, ch’è il fiore de’ galantuomini, ed il più bravo pittore che sia stato al mondo, dopo Zeusi ed Apelle. Signor Conte, ella si diletterà di pitture.