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SCENA V.

Lucrezia con un cane, Cavolo col pappagallo,
un Sercitore con un gallo.

Lucrezia. Serva di lor signori. Perdonino di grazia,

Mi hanno forse aspettato?
Tonina.   Vardè che bella grazia?
Sarà più de do ore, che semo qua a aspettar.
Annina. Sta sort de prepotenzi, an le vui suppurtar.
Lucrezia. Via, via, che non si scaldino la milza o la corata.
Tonina. (Oh siestu maledetta! el papagà e la gata?)
Lucrezia. L’impresario dov’è?
Maccario.   Non è tornato ancora.
Lucrezia. Perchè farmi venire ad aspettarlo un’ora?
Prima d’andare in mare, voglio saper un poco
Qual abbia nella nave ad essere il mio loco.
Tonina. El ghe torrà per ela un bastimento a posta. (a Lucr.)
Una nave da guerra.
Lucrezia.   A voi non do risposta.
Carluccio. Per me voglio la camera maggior del bastimento.
Lucrezia. Star vosco in compagnia sarebbe il mio contento.
Carluccio. Siete la prima donna, siete la mia regina;
Desidero ancor io d’avervi a me vicina.
Lontani dalla turba degl’infimi soggetti,
Potrem comodamente cantar vari duetti.
Tonina. (Come? Diseu da senno?) (a Carluccio)
Carluccio.   (Sì, sì, non dubitate). (a Tonina)
(Tutte le virtuose son di me innamorate). (da sè)

SCENA Vi.

Nibbio con quantità di persone inservienti al teatro.

Nibbio. Eccoci tutti uniti. Siam pronti alla partenza.

(Ma non viene il denaro, e non si può far senza).
Maccario. Nibbio, dov’è il quartale?