E chi non si contenta, andarsene può tosto,
E a chi non ha catarri, deputaremo il posto.
Alì. Bravo Conte, star omo. Far ti, mi no parlar.
Femene, se mi parlo, far matto deventar.
Conte. Annina e la Tognina abbian per or pazienza;
Lucrezia questa volta avrà la preferenza.
Ella è la prima donna, e l’impresario è qui.
Tonina. A mi se fa sto torto?
Annina. Ste tort a una par mi?
Tonina. La diga, sior Alì.
Annina. Sgnour, la fazza grazia.1 (ad Alì)
Alì. No, non parlar con mi.2
Conte star impresario, Conte star lu patron.
O Conte benedetto! aver ti obligazion.
Conte. Io son un che le cose le aggiusta sul momento;
Via, signora Lucrezia, faccia il suo complimento.
Lucrezia. Ringrazio il mediatore, ringrazio l’impresario,
Ma, favorisca in grazia, qual sarà l’onorario? (ad Alì)
Alì. Conte, Conte parlar.
Conte. Dirò, signora mia,
Vo’ tutte le tre parti distribuire in pria.
Poi, se rispetto al prezzo siavi difficoltà,
Quella che si contenta, di posto avanzerà.
Vi piace? (ad Alì)
Alì. Star contento. (Curiosità veder
Se interesse o superbia in donna prevaler).
Lucrezia. (Che invenzion maladetta!)
Tonina. (L’è un diavolo costù).
Annina. (Al la sa lunga al Cont, un puchetin più de nu).
Conte. Della seconda donna la parte si destina
Alla signora Antonia, detta la Zuecchina.
Tonina. Grazie della carezza.
- ↑ L’ed. Antonelli corregge: Sgnour, la me fazz grazia...
- ↑ Il verso resta interrotto nel!’edizione Savioli. L’ed. Antonelli aggiunge «La mia pazienza è sazia», ma si badi che l’Alì goldoniano parla sempre al modo infinito.