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È ver che stamattina restar io v’ho vedute,
Mentr’io parlavo in piedi, sul canapè sedute.
Cosa sarà ben fatta, quando da voi si fa,
Ma questo al mio paese sarebbe inciviltà.
(va ad incontrare Annina)
Conte. Ve L’ha appoggiata a tempo.
Tonina. La xe una gran spuzzetta1.
La gh’ha, per quel che vedo, un’aria maledetta.
La dise de saver, ma no ghe credo un acca,
E quella dei vint’anni credeu che la se tacca?2
Conte. E pure in sua presenza gliela menaste buona.
Tonina. Oe, se ela xe furba, gnanca mi son minchiona.
SCENA III.
Annina accompagnata da Lucrezia, e detti.
Servitore porta una sedia.
Un baso. (si baciano)
Annina. Sì, al mi cor. (An la pos suppurtar).
Lucrezia. Favoriscan sedere. (siedono)
Tonina. V’avemo minzonà.
Annina. Cosa puoi aver det?
Tonina. Oh, v’avemo lodà.
Conte. Ed io son testimonio.
Annina. Me an merit ste tant.
Lien laur3 el virtuosi, mi a son un ignurant.
Tonina. Via, via, troppa modestia.
Lucrezia. È molto ben vestita.
Tonina. Vardè che conzadura.
Lucrezia. Ha una gran bella vita.