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GL'INNAMORATI 25

SCENA IV.

Flamminia e dette.

Flamminia. Ecco qui la lettera bell’e fatta. La volete sentire?

Eugenia. Date qui, non preme.

Flamminia. Signora no, ve la voglio far sentire. Mio bene...

Eugenia. Ma bene bene... (con caricatura)

Flamminia. Cosa vorreste significare?

Eugenia. Niente; dico che dite bene.

Flamminia. Sentite. Mi hanno tanto consolato le vostre righe, che non ho termini sufficienti per ispiegarvi il giubbilo del mio cuore.

Eugenia. E che giubbilo! (con ironia)

Flamminia. No forse?

Eugenia. Sì. (con ironia caricata)

Flamminia. Siete pur sguaiata. Mi pare un secolo, ch’io non vi vedo. Caro il mio bene...

Eugenia. Ma bene.

Flamminia. Io non vi capisco.

Eugenia. Mi capisco da me.

Flamminia. (Pazza). Venite a consolare la vostra cara gioiella.

Eugenia. Con quella bella grazietta! (con ironia)

Flamminia. Che modo è questo?

Eugenia. Ci fo la rima.

Flamminia. Mi fareste dir delle brutte rime. Finiamola. Vedrete ch’io non sono la crudelaccia; ma la vostra fedele, sincera amante. Eugenia Pandolfi. Vi pare che non abbia scritto a dovere?

Eugenia. Ottimamente. Date qui, che la voglio sigillar io.

Flamminia. Eh, la so sigillare da me.

Eugenia. La voglio consegnar io a Tognino, acciò possa dire che l’ha ricevuta da me.

Flamminia. Fin qui non avete il torto. Eccola, (dà la lettera ad Eugenia)

Eugenia. Venite qui, Tognino.

Tognino. Eccomi.