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Pasqualino. Voi mi mortificate.

Tonina.   Vardè, povero putto,
No lo mortifichè; disè, cara mozzina1,
Quant’è che non sè stà dalla Bolognesina?
Pasqualino. Io?... (ridendo)
Tonina.   No rider, che da quella che son2,
Se ti me ridi in fazza, te dago un stramuson3.
Pasqualino. Oh cospetto di bacco, m’avete un po’ seccato.
Par ch’io sia, chi vi sente, un servitor pagato.
Ho per voi dell’affetto, al mio dover non manco.
Ma le vostre insolenze di sofferir son stanco.
Tonina. Via, via, no la se scalda. No la daga in furor.
Se digo quel che digo, lo digo per amor.
Pasqualino. (Eh so che colle donne perdersi non convien).
Tonina. La diga.
Pasqualino.   Mi comandi.
Tonina.   No la me vol più ben.
Pasqualino. (Ride.)
Tonina. Anco adesso ride?
Pasqualino.   Rido, perchè il sapete
Quanto bene vi voglio, e dubitar fingete.
Tonina. Eh galeotto.
Pasqualino.   Ma poi....
Tonina.   Via, via, lassemo andar.
Pasqualino. Io non posso soffrire.
Tonina.   Tasè, v’ho da parlar.
Pasqualino. Dite pur, ch’io v’ascolto.
Tonina.   Aveu gnancora fato
La scrittura coi altri per l’opera a carato?
Pasqualino. No, non l’ho fatta, e appunto volea di ciò parlarvi.
Perchè voi pure ancora possiate regolarvi.4

  1. Corrisponde a frasca, frachetta: v. Patriarchi e Boerio.
  2. Così il testo. Forse nel primo settenario fu inclusa per errore la voce ridendo.
  3. Ceffone: Patr. e Boerio.
  4. Questo secondo verso del distico fu aggiunto nell’ed. Antonelli, probabilmente dal correttore; manca nell’ed. Savioli.