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Trovar quel che bisogna per voi non mi confondo;

In Venezia fra l’altre conosco mezzo mondo.
Lucrezia. Ho piacere che abbiate di molte conoscenze1,
Avrò d’incomodarvi moltissime occorrenze.
Calzolai, parrucchieri, ne conoscete alcuno?
Conte. Davver, di questa gente non conosco nessuno.
Lucrezia. Vorrei un calzolaio, vorrei un parrucchiere.
Nè so di chi valermi.
Conte.   Ditelo al locandiere.
Lucrezia. Chi vi assetta, signore?
Conte.   Assetta? Non capisco.
Lucrezia. Chi vi accomoda il capo?
Conte.   Dirò, mi divertisco.
Faccio da me ogni cosa.
Lucrezia.   Le scarpe ancor vi fate?
Conte. Le scarpe no.
Lucrezia.   Quel mastro che ve le fa, mandate.
Conte. Il calzolaro mio per donne non lavora.
Lucrezia. (Affé di mio, ci ho dato).
Conte.   (Non mi conosce ancora).
Spero che un’occasione in carnoval verrà.
Da poter impiegare la vostra abilità.
Ditemi: cosa siete? soprana ovver contralta.
Lucrezia. Soprana.
Conte.   Mi piace. Il sopran più risalta2.
Spero che all’apparenza il merto corrisponda;
A Pisa recitaste da prima, o da seconda?
Lucrezia. Era la prima volta che uscia fuor della buccia;
Quel babbeo d’impresario mi diede una partuccia.
Ma quando mi sentiro, m’ebbero in tanta stima.
Che andò sotto le tavole il merto della prima.
Quando gli altri cantavano, facevano il baccano;
Finite l’arie mie, battevano la mano.

  1. Così l’ed. Antonelli. Nell’ed. Savioli: abbiate molte ecc.
  2. Così il testo.