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266 ATTO QUINTO

Annina. Se abbisognano dei duetti, io ne ho cinque o sei di superbi.

Tognina. Scusatemi, signora, voi non c’entrate. Voi siete l’ultima parte.

Annina. O I’ultima, o la prima, ci parleremo.

Tognina. (Guardate, non ha rossore a mettersi con noi). (piano a Carluccio)

Carluccio. Io sono il primo soprano, e voglio la prima donna a modo mio.

Pasqualino. Caro amico, vi consiglio per ora non far rumori.

Carluccio. Come c’entrate voi nelle mie pretensioni? Siete forse geloso? Oh quest’è bella! Voi fate all’amore in casa, ed io lo vuò far sulla scena.

Tognina. Signor sì; vogliamo fare quel che vogliamo. (a Pasqualino)

Pasqualino. Io sono stanco di tener questi impicci alle mani. (getta in terra tutte le scatole)

Tognina. Guardate che animalaccio! Prendete su quelle scatole. (a Pasqualino)

Pasqualino. Eh, sono stanco. (con isprezzatura)

Tognina. Prendete voi, signor Maccario. (con imperiosità)

Maccario. Io? (con maraviglia)

Tognina. Guardate che maraviglie! Potreste bene incomodarvi. Siete venuto tante volte a desinare con me.

Maccario. (Andiamo alle Smirne. Voglio servirla come va. Parte, arie, tutto cattivo. Tutto farò per dispetto).

Tognina. (Povero, e superbo). Quel giovane, fatemi il piacere di raccogliere quelle scatole. (al servitore di Annina)

Annina. Si faccia servire dal suo servitore. (a Tognina, e prende per il braccio il servitore, e lo tira lontano.)

Tognina. (Indegni quanti siete! Quando saremo alle Smirne....) (ramassa ella le scatole)

Carluccio. Oh, ecco la Fiorentina.

Annina. È ora, è ora davvero! Si è ella bene stuccata? Si è ben bellettata?