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L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE | 259 |
Alì. Non saper cosa far, non voler scritture.
Lasca. Bene; le terrò, le unirò colle altre, e ve le porterò domattina.
Tognina. Serva del signor Alì. Domattina per Tempo sarò da lei col mio equipaggio. Stia bene, dorma bene, e per domattina, si ricordi di farci preparare la cioccolata. (parte)
Annina. Cioccolata io non ne prendo. Ella avrà del buon vino di Cipro; me ne prepari una bottiglietta con de’ biscotti, (parte)
Lucrezia. Con loro permissione, Io vado nel mio camerino a spogliarmi, perchè l’ora vien tarda. Se vogliono restare, sono padroni, li lascio in libertà. Serva, signor Alì. Domani di buon mattino sarò da lei. Signor Conte, serva umilissima. (parte)
SCENA V.
Il Conte Lasca, Alì, poi Nibio.
Lasca. Signor Alì, sia detto a gloria mia, la vostra compagnia non istà male in donne, e le avete ad un prezzo...
Alì. Conte, io aver paura, che tu per bella donna me voler trappolar.
Lasca. Mi maraviglio di voi. Che maniera è la vostra? E questo il ringraziamento di quel che ho fatto per voi?
Alì. Conte mio, compatir. Non saper... Non aver più testa.
Nibio. Signori, una buona nuova. Ho fermato il primo musico per seicento zecchini, ed un secondo per duecento.
Lasca. Chi avete fermato per secondo?
Nibio. Un certo Sganarello...
Lasca. Quello sguaiato? Signore, non lo prendete, che è una caricatura capace di metter l’opera in ridicolo. (ad Alì)
Nibio. Scusi, è forse migliore di Carluccio, ch’ella protegge. (al Conte)
Alì. Musici non voler. (al Nibio)
Nibio. La scrittura è firmata. Non vi è più rimedio, ed ho fermato e scritturato due tenori.
Alì. Senza ch’io saper?