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256 | ATTO QUARTO |
Lasca. O tacere, o partire.
Tognina. Parli ella, signor Alì.
Annina. Mi renda ella giustizia. (ad Alì)
Alì. Non parlar con me. Conte star impresario, Conte star padron. Benedetto star Conte.
Lasca. Io sono uno che accomoda le cose facilmente. Via, signora Lucrezia, faccia al signor Alì il suo complimento.
Lucrezia. Ringrazio il signor impresario ed il signor mediatore. Ma favorisca, in grazia, qual sarà il mio onorario? (ad Alì)
Alì. Conte, Conte parlar. (a Lucrezia)
Lasca. Quanto pretenderebbe la signora Lucrezia?
Lucrezia. Vede bene...
Lasca. No, parlate liberamente.
Lucrezia. A una prima donna, a una donna della mia sorte, trattandosi di andare alle Smirne...
Lasca. Alle corte.
Lucrezia. Vuol darmi meno di seicento zecchini?
Lasca. Il signor impresario non ne vuol dare che quattrocento.
Lucrezia. Scusi, signore, questa paga....
Lasca. Basta così. La signora Tognina quanto domanderebbe, se dovesse fare da prima donna?
Tognina. Per me, non sono interessata, e mi contenterei...
Lucrezia. Oh, se si tratta di usar generosità, son capace anch’io, ed accetto i quattrocento zecchini. (al Conte)
Lasca. Questa è fatta.
Alì. Bravo, Conte, star bravo.
Lasca. E la signora Tognina quanto domanda per il posto di seconda donna?
Annina. Ed io, signore?
Lasca. Ora non parlo con voi. Verrà la vostra volta.
Annina. Mi destina dunque...
Lasca. O tacere, o partire. Quanto domanda la signora Tognina?
Tognina. Direi... almeno, almeno...
Lasca. Vi comodano duecento e cinquanta zecchini?
Tognina. Non posso. Non è possibile.