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254 | ATTO QUARTO |
SCENA III.
Annina, accompagnata da Lucrezia, e detti.
Tognina. Brava, signora Annina, eravamo impazieriti di vedervi.
Annina. Davvero?
Tognina. Finora abbiamo parlato di voi.
Annina. Che cosa ponno1 aver detto di me?
Tognina. Quello che meritate. (ad Annina)
Lucrezia. Quello che le conviene. (ad Annina)
Lasca. Ed io ne son testimonio. (ad Annina)
Annina. Io non merito queste finezze. Elleno son virtuose, ed io non sono che un’ignorante.
Tognina. Via, via, troppa modestia.
Annina. Dica, signor Conte, l’amico non si è ancora veduto?
Lasca. Non è ancora comparso.
Tognina. Il Turco? Parla del Turco? L’aspettiamo anche noi.
Lucrezia. Mi fa l’onor di venire da me.
Tognina. Signora Annina, ha ella deciso? Va ella sicuramente alle Smirne?
Annina. Se piace al cielo.
Tognina. (Signor Conte, che cosa vuol far di tre donne?) (piano al Conte)
Lasca. (Io non voglio far niente di nessuna). (piano a Tognina)
Tognina. Ma come...
Lasca. Zitto. Ecco il signor Alì. Ei viene per causa mia, e ve lo protesto, signore, se fra di voi nascono dei nuovi puntigli, lo faccio andar via, e non se ne parla più. Chi di voi ha bisogno, s’accheti a quel ch’io dico, e se la condizion non vi comoda, sappiate che per me poco o nulla m’importa. Vi sono cento donne che pregano, e la massima è già fissata: la prima di voi che parla, e si lamenta, e fa strepito, sarà esclusa da quest’impresa.
- ↑ Ed. Zatta: possono.