Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/264

252 ATTO QUARTO

Lucrezia. Qualche poco.

Tognina. Oh, ella sarà perfetta. È ella soprana?

Lucrezia. Per servirla.

Tognina. Brava: arriverà, m’immagino, fino al gesoreul.

Lucrezia. Oh, anche un poco di più in là.

Tognina. Capperi! me ne consolo infinitamente. Tanto più mi pregio di avere una compagna di tanto merito. Io non sono delle più brave, ma sentirà. Ho tre ottave nettissime.

Lucrezia. Oh, quanto mi consolo della di lei bravura!

Lasca. (Io le ascolto e le godo col maggior piacere del mondo).

Tognina. Dica, ha ella osservato questa mattina dal Turco quella virtuosa?

Lucrezia. E chi è? Come si chiama?

Tognina. La Mistocchina.

Lucrezia. Che vuol dir Mistocchina?

Tognina. Come quella giovane è bolognese, e che a Bologna chiamano mistocchine certe schiacciate fatte di farina di castagne, le hanno dato un soprannome, che conviene alla sua patria ed alla sua abilità. Non sa, poverina, quel che si dica. Sono più di dodici anni che impara la musica, e non sa nemmen solfeggiare; non unisce la voce, non intuona una nota, va fuori di tempo, strilla, mangia le parole, ed ha cent’altri difetti.

Lasca. (Ora principia il buono della conversazione).

Lucrezia. E voleva mettersi a recitare con lei? Questa è una specie di temerità. Ella, signora mia, oltre il merito del canto e del sapere, si vede che ha dell’azione, del movimento. Credo che per recitare non ci sia un’eguale. Se si scalda qui nella conversazione, che non farà ella in teatro? Ammiro sopratutto in lei quel gesto sì naturale, quel muovere delle braccia, quell’accompagnare le sue parole coi movimenti del capo, delle mani e fin delle spalle. È una cosa che mi piace e m’incanta.

Lasca. (Che tu sia maladetta, può corbellarla di più?)

Tognina. Qualche volta mi movo un poco troppo, per dirla, ma è l’effetto della vivezza e dell’età.