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L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE | 245 |
tutte le parti per me sono buone, e le stimo tutte egualmente. Spiacemi solo per il mio maestro. Ci va della sua stima, se si sa che io non recito da prima donna. Che direbbe la mia patria? Che direbbero i miei parenti, i miei amici ed i miei protettori? Tutti sarebbero sconcertati, offesi, incolleriti per questa mia compiacenza. La professione istessa, che pretende essere sostenuta, si dolerebbe di me. Queste signore medesime, che mi stanno ascoltando, e sorridono fra di loro, cosa direbbero di me, s’io condiscendessi ad una tale viltà? Gradisco la vostra offerta, ma vi parlo schietto: se avrò l’onore di servirvi, o prima donna, o niente (fa una gran riverenza, e parte)
Tognina. Avete inteso il sermone? Avete ammirato la sua gran modestia? Eh, signore impresario, siamo tutte compagne. Ella ha inteso i miei sentimenti, all’onore di riverirla. (parte)
Pasqualino. Riverisco il signor Alì. Se ha bisogno di me....
Alì. Andar, lasciar, maledetto, non mi seccar.
Pasqualino. (Parte.)
Annina. (È restato incantato, stupito, come una statua; non ardisco parlargli). Là.... là.... (verso Alì)
Alì. Uh! (con esclamazione di collera)
Annina. (Mi fa paura. Vado via senza dirgli niente). (parte)
SCENA X.
Alì, poi Nibio e Maccario.
Alì. (Passeggia arrabbiato, senza parlare.)
Nibio. Signore, son qui venuto...
Alì. Andar diavolo, tu ancor maledetto.
Nibio. Che cosa avete con me?
Alì. Tu aver messo mia testa far opera Smirne. Aver scritto, aver ordinato per teatro; amici aspettar opera Smirne; Alì galantuomo, star impegno, voler far, voler spender, voler tutto far ben, e non trovar donna che voler far seconda. (con sdegno)
Nibio. Non è altro che questo? Non ci pensate; non vi mettete in pena. Non c’è altra abbondanza al mondo, che di donne