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244 | ATTO TERZO |
sciuta, e povera di virtù come sono, non merito da persone di rango un trattamento migliore.
Alì. (Questa par non aver catarro de voler far prima donna).
Lucrezia. Credo, signore, che a quest’ora il di lei ingegno felice avrà scelto i virtuosi più degni per la sua impresa. Io che sono, in materia di musica, del popolo inferiore, non potea meritarmi di essere preferita. È vero che ho sortita dalla natura una voce di cui non vi è la compagna, che sul teatro la mia statura e la mia presenza mi danno dell’avvantaggio; è vero che più maestri e più dilettanti hanno deciso in favore della maniera mia di cantare, che intendo il contrappunto, che canto all’improvviso, e per tutto dove ho recitato, dirò modestamente, mi han compatito; ma non posso mettermi in competenza con persone di sì alto merito, e sarebbe una fortuna per me, se per imparare il canto, fossi degna di recitare con esse loro.
Tognina. (Sentite, ci corbella). (piano ad Annina)
Annina. (Che cosa importa? Non le diamo il gusto di accorgerci della sua ironia). (piano a Tognina)
Pasqualino. (Veramente le Fiorentine per accortezza non la cedono a verun’altra nazione).
Alì. (Molto me piacer sua modestia). Smirne voler venir? (a Lucrezia)
Lucrezia. Perchè no? Se io ne fossi degna, ci verrei volentieri.
Alì. Quanto voler per paga?
Lucrezia. Di questo parleremo poi. Favorisca dirmi prima in qual grado dovrei venire.
Alì. Per musica venir.
Lucrezia. Per musica, capisco. Ma, vi domando perdono, se avete fermata qualch’altra virtuosa prima di me, bramo sapere qual parte mi sarà destinata.
Alì. Tu meritar la prima; ma donne non trovar, che voler far seconda. Tu che parlar con mi tanto modesta, spero che seconda parte vorrà far tua persona.
Lucrezia. Caro signore Alì, ella mi onora in ogni maniera; e son contenta ch’ella abbia concepito di me una sì buona opinione. Per me non ho pretensioni, e non sono soggetta all’orgoglio;