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236 | ATTO TERZO |
Alì. Dir tuo nome. (ad Annina)
Annina. Annina ai suoi comandi.
Alì. Tuo paese?
Annina. Bologna.
Alì. Piacer tanto tua grazia bolognese.
Annina. È tutta sua bontà.
Alì. Star brava, come star bella? (ad Annina)
Annina. Non istà a me a dirlo. Ma il signor Nibio mi conosce, e sa s’io ho dell’abilità.
Nibio. È una brava giovane, ve l’assicuro.
Alì. Se star brava e star bella, far tutti innamorar.
Carluccio. Sì, la signora Annina ha del merito, e quando lo dico io....
Alì. Cosa in trar ti parlar? (sdegnato, a Carluccio)
Carluccio. (Or ora mi vien voglia di prenderlo per i mostacci),
Alì. Quanto mi piacer tua maniera.
Annina. Effetto della sua gentilezza.
Alì. Quanto voler per tua paga?
Annina. (Se gli piaccio davvero, voglio farmi pagar bene). Io sono una giovane discreta, ma se si tratta d’andar in un paese lontano, e quel che è peggio, per mare, non ci verrò per meno di cinquecento zecchini.
Carluccio. Oh, oh, cinquecento zecchini? Credete aver domandato molto? Io non ci vado per mille.
Alì. A tua persona io non dar trenta soldi. (a Carluccio) Bella Bolognese, tutto quel che voler. (ad Annina)
Carluccio. (Nibio, mi raccomando a voi. Questo Turco ignorante non conosce il merito. Ditegli voi chi sono; fate ch’egli mi prenda, fatemi dare una buona paga, e vi prometto di darvi il dodici per cento). (piano a Nibio)
Nibio. Signore, (ad Alì) se voi volete formare una compagnia ad uso d’Italia, che piaccia agli europei che sono alle Smirne, è necessario che prendiate un musico soprano, e vi parlo sinceramente, un soprano migliore di questo è difficile a ritrovare.