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224 | ATTO SECONDO |
essere ancor io impiegato, e se si penetra, qualcun altro mi potria scavalcare.
Pasqualino. Vogliono far libro nuovo?
Maccario. O nuovo, o accomodato...
Pasqualino. O accomodato, o rovinato....
Maccario. Mi maraviglio, signore. Voi non conoscete la mia abilità.
Tognina. Eh via, lasciamo andare. Signora Annina, ho giusto motivo di lamentarmi di lei.
Annina. Per qual ragione?
Tognina. Chi crede ella ch’io sia? Ciarliera non sono, e non lo sono mai stata. S’ella si confida, le giuro e le prometto, che anch’io le confido un segreto; può essere più interessante del suo.
Annina. Davvero? Non voglio nemmen parere di diffidarmi di lei. Lo dico, o non lo dico, signor Maccario?
Maccario. Per me sostengo ch’ella farebbe ben di tacere.
Tognina. Oh voi, signor Maccario, voi andate cercando il mal come i medici.
Annina. Orsù, venga qui, che la vuò soddisfare (sono anch’io curiosa di sapere il segreto suo), ma la prego di segretezza,
Tognina. Che serve? Le ho data la mia parola.
Annina. Sappiate, signora Tognina, che a Venezia è venuto un Turco, e che questo Turco vuol far una compagnia...
Tognina. Ah, lo sapete anche voi?
Annina. Che? Anche voi lo sapete?
Tognina. Se lo so? E come! Ditemi, potrei sapere da chi voi l’avete saputo?
Annina. Oh, non lo posso dire. E a voi, chi l’ha detto?
Tognina. A me? Il conte Lasca.
Annina. Fate dunque il conto, che il medesimo signor conte Lasca me L’ha detto in confidenza, e con segretezza.
Pasqualino. E meco ha fatto lo stesso.
Annina. Una bella azione ci ha fatto.
Tognina. Bel protettore!