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L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE | 223 |
Tognina. Padrona mia riverita.
Annina. Come sta?
Tognina. Per servirla.
Annina. Ella ha una ciera che consola.
Tognina. Ed ella, sta bene?
Annina. Bene, per grazia del cielo. Bene, a’ suoi comandi.
Tognina. Via, non le dite niente? Siete ben poco civile. (a Pasqualino)
Pasqualino. Io l’ho già riverita. (a Tognina)
Tognina. (Eh, maschera, ti conosco). (a Pasqualino)
Pasqualino. (lo non so che cosa vi diciate). (a Tognina)
Tognina. Che cos’è? Siete venuto rosso? (a Pasqualino) Dica, signora Annina, è molto che non viene il signor Paqualino da lei?
Annina. Oh, è un pezzo, la mia cara gioia. E poi che occorre che facciate con meco di queste scene? Se è cosa vostra il signor Pasqualino, ci venga, o non ci venga, per me è tutt’uno. Male azioni io non ne so fare.
Tognina. Ve ne avete avuto per male? (ad Annina)
Annina. Oh pensate; e poi non abbiate timore, che presto presto me ne anderò.
Tognina. A recitare?
Annina. Sì, può essere; così spero.
Tognina. Dove? Si può sapere?
Annina. Il dove non lo posso dire.
Tognina. Di che avete timore? A me lo potete confidare liberamente.
Annina. Ve lo direi volentieri, poichè, per dirvela, è una recita che mi fa onore, ma non posso ancora parlare.
Tognina. È qualche arcano?
Maccario. Vi dirò io, signora. L’affare che si è intavolato, non è ancora concluso, e fin che non si veda la cosa ultimata, la signora Annina ha impegno positivo di non parlare.
Tognina. E voi siete il suo segretario.
Maccario. Io non fo il segretario a nessuno, ma è mio proprio interesse, che di ciò non si parli, poichè in quest’affare devo