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222 | ATTO SECONDO |
Tognina. Il conte Lasca sa che noi siamo amici, sa che io non voglio recitare senza di voi, per questo vi avrà fatto la medesima proposizione, e colla medesima segretezza.
Pasqualino. Vi ha detto il Conte qual è il posto che vi daranno?
Tognina. Oh, non c’è dubbio. Son la prima a saperlo. Son padrona di sciegliere; nessuna potrà levarmi la parte di prima donna.
Pasqualino. Se vi son due tenori, voglio essere il primo.
Tognina. Caro Pasqualino, voi siete giovane; avete un buon falsetto e de’ buoni acuti, non potreste far voi la parte del primo soprano?
Pasqualino. Per qual ragione?
Tognina. Perchè, caro il mio bene, mi preme che, anche quando recitiamo, facciamo all’amore insieme; si canta con più piacere l’aria tenera, quando si applica secondo l’intenzione. Se vi è un’aria che dica: Caro, per te sospiro, propriamente le si dà della forza quando si dice di cuore, e il popolo conosce, e giubbila, e dice: bravi.
SCENA II.
Maccario, Annina e detti.
Maccario. Si può venire? (di dentro)
Pasqualino. Chi è questi?
Tognina. Non lo conoscete? Il signor Maccario, il poeta.
Pasqualino. E la donna?
Tognina. Siete cieco, o fìngete di esserlo? Non conoscete Annina bolognese, detta la Mistocchina? Vengano, vengano; sono padroni. (verso la scena) Fingete di non conoscerla, per darmi ad intendere che non ci andate. (a Pasqualino, con un poco di sdegno)
Pasqualino. Ritorniamo da capo? (con sdegno)
Tognina. Prudenza quando c’è gente, e sopratutto non dite nulla del Turco.
Maccario. Servo di lor signori.
Annina. Serva della signora Tognina.