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L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE | 207 |
Carluccio. Ora.... ora.... ora non ho un quattrino, e ho lasciato il mio baule al corriere.... Ma che serve? Non mi mancheranno fortune.
Lasca. Bella davvero! Siete ancora spiantato, e cominciate di già a strapazzare l’imprese? Acquistatevi prima dei fondi e dei danari, e poi fate anche voi quel che fanno gli altri. Allora potrete dire, voglio mille zecchini, e vo’ cantar quando voglio.
Carluccio. Favorisca, signor Conte, avrebbe ella l’occasione di procurarmi una recita?
Lasca. Volete andare a Mantova?
Carluccio. A Mantova? perchè no? Ma per primo soprano.
Lasca. E per secondo?
Carluccio. Oh, questo poi no.
Lasca. Il primo è già provveduto, e so che è uno di prima sfera.
Carluccio. Io non cedo a nessuno.
Lasca. Mi fate ridere, e attesa la vostra albagia, dovrei lasciarvi lì, e non impacciarmi con voi; ma mi fate compassione, e voglio farvi del bene, benchè non lo meritiate. Considerate che il tempo è avanzato, e che se non accettate questa recita, può essere che per quest’anno restiate senza.
Carluccio. Quanto danno d’onorario?
Lasca. So che l’anno passato hanno dato al secondo soprano cento zecchini; ma quest’anno....
Carluccio. E bene, che me ne diano trecento, e accetterò la recita, e la prenderò per una villeggiatura.
Lasca. Quest’anno, voleva dirvi, hanno delle spese moltissime, e non possono passare i cinquanta.
Carluccio. Che vadano per questo prezzo a contrattar de’ somari. I pari miei non cantano per cinquanta zecchini.
Lasca. Bravissimo. E se restate senza far niente?
Carluccio. Mi spiacerebbe per cagione dell’esercizio.
Lasca. Li volete i cinquanta?
Carluccio. Tutto quello che posso fare, è contentarmi di duecento.
Lasca. Non vi è rimedio, l’assegnamento è fissato.