Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/217


L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE 205

Beltrame. Bravo. Fa benissimo a stare all’erta. Senta un caso che è arrivato in questa mia locanda tre giorni sono ad un signor bolognese, che aveva speso quanto poteva, e più che non poteva, per una giovane virtuosa. Essendo ella chiamata per una recita in un altro paese, giunse qui dal medesimo servita ed accompagnata. Desinarono insieme, e dopo aver desinato, la giovane domandò dell’acqua per lavarsi le mani. Si lava, si accosta alla finestra, getta l’acqua in canale, e volgendosi all’amante afflitto, lo guarda, e ride, e gli fa questo bel complimento: Non sono più in Bologna, sono ora in Venezia, mi lavo le mani, e getto in canale la memoria di tutti i Bolognesi. Il povero galantuomo resta qualche tempo immobile senza parlare, poi: Ingrata, dice, merito peggio. Non mi vedrete mai più. Ciò detto, se ne va come un disperato, ed ella lo accompagna con una solenne risata.

Lasca. Pover’uomo! il caso è doloroso, ma non è caso nuovo.

Beltrame. Mi chiamano, con sua buona licenza. (parte)

SCENA II.

Il Conte Lasca solo.

Io non condanno la donna per essersi disfatta del Bolognese, ma la maniera aspra con cui l’ha fatto. Per altro si sa che queste donne avvezze a cambiar paese, sono pronte a cambiare una passione alla settimana; e non è poca fortuna se uno può dire, la tale mi fu costante finchè fu a me vicina.

SCENA III.

Carluccio ed il suddetto.

Carluccio. Servo del signor Conte.

Lasca. Oh signor Carluccio, vi riverisco. Ben tornato da Genova. Come è andata la vostra recita? Siete voi contento di quel paese?