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L'AUTORE

A CHI LEGGE1.


I

O ho conosciuto in Italia molti e molti Impresarj di Opera in musica; ho molto scritto per loro in serio ed in buffo, e posso parlarne con fondamento. Alcuni fanno gl’Impresarj per una specie di necessità, e sono quelli che possedendo qualche Teatro, per profittare della rendita considerabile di un tal fondo, fanno andare l’impresa per loro conto, e sovente vi rimettono, oltre il profìtto de’ palchetti, qualch’altra parte del patrimonio. Altri lo fanno per un’inclinazion generosa di divertir se stessi ed il Pubblico, e questi ci rimettono più degli altri. Vi sono di quelli che si lasciano indurre a farlo dalle lusinghe di un’amabile Virtuosa, la quale, non trovando chi voglia darle il posto di prima Donna, induce l’Amico ed il Protettore a prendere sopra di sè l’impresa d’un’Opera, e lo sagrifica alla sua vanità ed al suo interesse. Molti lo fanno sedotti dalla lusinga dell’utile, alla persuasione di quelli che fanno i sensali di tal genere di mercanzia, e danno loro ad intendere, che non vi è danaro meglio investito, in tempo che non vi è danaro più sicuramente perduto. Altri finalmente lo fanno per disperazione, non avendo niente da perdere, e colla speranza di guadagnare, e se le cose van male, s’impossessano della cassetta, piantano l’impresa, e lasciano i Musici nell’imbarazzo. Tutte queste differenti qualità d’Impresarj convengono in una cosa sola: grandi e piccioli, ricchi e poveri, generosi o venali, tutti accordano, e provano, e si lamentano, che un’impresa d’Opera in musica è il più grande, il più fastidioso e il più pericoloso degl’imbarazzi. Da che procedono questi fastidi, queste noie, questi pericoli? Dal carattere degli Attori, dai loro puntigli, dalle loro pretensioni, dalla loro indiscretezza, quasi universale. Dico quasi,

  1. La presente prefazione fu stampata in testa alla commedia nel t. XII (1774) dell’ed. Pasquali di Venezia. Il Goldoni non dedicò a nessuno questa sua commedia.